E vi spiego il perché: semplicemente trovo che sia il mezzo più infimo per criticare. È un gridare allo scandalo senza fare niente per trovare una soluzione.
E tutte le persone che aprono la bocca solo per polemizzare sicuramente non sono i miei ideali di amici.
Non sono neanche una femminista credo.
Però questa volta ho voglia di dire la mia su un tema un po' controverso. Oggi voglio dirvi come la penso io riguardo alle difficoltà che le donne incontrano in ogni settore della propria vita, da quella privata a quella del lavoro.
Io penso che nonostante gli uomini ci abbiano affibbiato lo scettro di "sesso debole", noi di base così smidollate non lo siamo. Tutto per me parte dalla grande insicurezza degli uomini, che fino dai primi passi dell'infanzia vengono spinti a ricoprire un ruolo (quello di essere dominante) che lo separa nettamente dalla sua parte più umana. E mentre noi donne veniamo abituate a covare insicurezza e emozionalità, i giovani uomini devono mostrare il loro lato virile e insensibile.
Non so se abbiate già capito dove voglio andare a parare, ma il concetto che ho esposto sopra con molti giri di parole posso anche tradurlo con un'immagine molto efficace. Credo che fosse nel film "Forrest Gump" che viene pronunciata la geniale frase "stupido è chi lo stupido fa". Un po' come quando da piccoli dicevamo a mo' di risposta a un insulto "chi lo dice sa di esserlo". Con queste frasi infantili voglio semplicemente dire che, sebbene gli uomini cerchino di convincerci che noi siamo le meno forti tra i due, i più deboli sono in realtà loro.
Io in difesa dei ragazzi posso dire che li vedo un po' come dei cuccioli spaventati e in cerca di conferme.
Hanno paura. Paura di chi? Signore e signore, ebbene.. Sono intimiditi dalla rara specie della "donna indomita", più comunemente conosciuta come donna forte e sicura di sé.
Sì. È proprio così.
Perché una donna non può essere forte.
In primis, una ragazza non ha il diritto di amarsi per com'è, senza complessi sulla propria forma fisica, risata, colore dei capelli. No. È l'uomo che, con uno slancio macistico, è l'unico essere ad avere il potere di amarla. È lui che la deve rendere sicura e farla sentire perfetta così, pacchetto con difetti all inclusive. È sempre lui ad avere il monopolio sulla definizione di amore, il che lo "giustifica" dal maltrattare la donna verbalmente o addirittura fisicamente.
Vedete qui il grande paradosso che la società guidata dal maschilismo crea: distrugge la sicurezza delle donne per annientarle e renderle esseri innocui, ma poi corre in loro soccorso con il modello del principe azzurro a cui una donna dovrà legare le sue certezze, emotive come anche economiche.
Tutti gli ostacoli che vengono posti alla carriera di una donna non sono altro che una riprova di questa mia "teoria": la scelta tra famiglia e carriera è un trabocchetto sleale che fa leva sull'istinto materno insito in ciascuna di noi che nei più dei casi ci mette ko, giusto per citare un esempio.
E noi donne nel frattempo cosa facciamo? Combattiamo una lotta assurda. Aizzate una contro l'altra nella guerra che ci vede nemiche per il fidanzato, per il migliore matrimonio, per la borsa firmata e anche per i figli più educati.
Io come ho detto non amo polemizzare e perciò io voglio anche dirvi cosa penso sia utile per cambiare (o almeno è ciò che io tento di fare). Partiamo da un principio molto semplice a dirsi, ma non altrettanto a farsi: impariamo ad amarci. Ripartiamo da noi stesse. Lavoriamo sul rapporto più importante che potremo mai avere nella nostra vita, ovvero quello con il nostro sano ego.
Detto questo, ci tengo anche a dire che io nella vita voglio innamorarmi e avere una famiglia, almeno quanto desidero di poter avere una carriera di successo. Solo che sto aspettando il vero Uomo (si quello con la U maiuscola), colui che mi amerà non perché vuole saziare la propria magra sicurezza, non perché vuole annientarmi, ma perché mi considera per ciò che sono, ovvero ne superiore ne inferiore a lui, che mi guardi negli occhi da pari essere umano.
Ecco qua. Più pesante rispetto al solito, ma dovevo tirarlo fuori.