Brainstorming

Oggi non mi sento ispirata al cento per cento. 
Sono in una fase in cui ho tante cose in testa, ma per una ragione o l'altra non riesco a condensare i pensieri in espressione. Più comunemente, io la chiamo la sindrome da brainstorming mentale. 
Il brainstorming è quel caotico mix di parole che dovrebbero ricondurti ad un'idea. Ed è così nella mia mente: milioni di pensieri raggruppati intorno ad alcuni nuclei fissi. Un po' come in una mia versione del sistema solare. 
Però quanto è difficile esprimermi e dire in tutta franchezza ad alcune persone cosa penso. Un po'è la paura, un po'è il tempo che manca e non sembra mai essere quello giusto e un po'è la lacuna di persone capaci di intendere.
Però non posso evitare di pensare e quindi sono sempre alla ricerca di un modo per lasciare volare via liberi quei pochi pensieri che hanno il coraggio di avventurarsi al di fuori del comfort del mio cervello. 
E scrivo.
E mi chiedo perché non sono nata con il gene del parlare a vanvera. Ci sono persone che dicono tutto ciò che anima i propri neuroni. E anche questo, lo so, non è sempre il massimo, in particolare se non accompagnato da un elevato grado di sensibilità.
Poi ultimamente se devo dire la verità, mi sembra che certe "amicizie" stiano iniziando ad assumere contorni sfuocati e poco definiti, come nella miopia: mi sembra che gli altri si allontanino un po' alla  volta e questi rapporti diventino così sbiaditi e informi. Conoscendomi da sempre, so che non mi metterò alla rincorsa, lascerò semplicemente andare le cose alla deriva perché sono convinta che forse non era destino.
Ma mi dispiace. Davvero.
Però allo stesso tempo dico anche che non posso basare la mia felicità sulla presenza o meno di certe persone. Devo essere felice, perché lo sono e basta e non perché gli altri hanno deciso di restare. Semmai, questo è un additivo alla mia felicità.
E mi sto allenando ad essere contenta così.
Tutta la settimana, ho cercato di pensare positivo e di tenere fuori dall'anticamera del mio cervello i pensieri più pesanti.
E qualcuno è rimasto stupito che io potessi essere così felice. Però un appunto, a questo punto vorrei farlo! Sembrare felici a volte non è sinonimo di essere felici, anche se in questo caso lo era davvero. A volte le persone che ti chiedono come stai non hanno intenzione di scoprire tutto ciò che c'è dietro le quinte. 
Ed è giusto così! 
Ho scoperto che, in particolar modo nel periodo di conoscenza, è meglio non essere se stessi al cento per cento né essere completamente un'altra persona. Tutti questi due atteggiamenti potrebbero rivelarsi traditori come un boomerang. Sarebbe meglio imparare l'arte della neutralità, per chiarire cosa gli altri si aspettano, se vogliono conoscere i dettagli o solo l'impressione generale.
Un post caotico. Ma come ho detto questo è da considerare più come una brutta copia. Personalmente trovo sia una cosa poetica.
A chiunque abbia letto fino in fondo: tutto ciò che ho scritto è stato utilizzato per creare uno spaccato del funzionamento del mio cervello.